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Raccomandazioni cliniche per la
diagnosi e cura dei tumori
stromali gastrointestinali
Coordinatori: Francesco Di Costanzo, Silvia Gasperoni
Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, Oncologia Medica- Firenze
1° revisione Settembre 2009
2° revisione Agosto 2010
Direttore Generale AOUC
In medicina, sempre più la qualità tecnica dipende strettamente dalla bontà delle informazioni di cui
si dispone. Ogni decisione diagnostica e terapeutica è fondata sull'integrazione tra dati del paziente
e le conoscenze in possesso del medico. Nella moderna organizzazione sanitaria, la ricerca del
trattamento più appropriato e della medicina basata sulle evidenze (EBM) hanno portato i
professionisti, le società scientifiche e le strutture ospedaliere a definire sempre di frequentemente,
in modo chiaro e scientificamente documentato, il percorso dei pazienti e le scelte diagnostiche e
Le linee guida sono entrate sempre più frequentemente nella mentalità dei professionisti come
strumento di lavoro e garanzia per i pazienti.
E' mio grande piacere vedere come, sotto la naturale egida del Dipartimento di Oncologia, alcuni
esperti della nostra Azienda Ospedaliero Universitaria si siano confrontati per produrre questo
documento su una patologia rara come i tumori gastrointestinali stromali (GIST). Quello che
maggiormente mi lusinga è il fatto che questo progetto è nato direttamente dai professionisti che
hanno lavorato a lungo, riunendosi e discutendo per elaborare un documento non fine a se stesso,
ma uno strumento di lavoro. Questo significa che i nostri professionisti hanno una moderna
concezione del proprio lavoro, non più documenti imposti dall'alto, ma razionalizzazione dei
problemi per meglio lavorare ed offrire ai pazienti prestazioni di elevato contenuto scientifico. Da
domani ogni paziente affetto da GIST, medici curanti ed altri professionisti potranno conoscere in
modo dettagliato come questo problema è affrontato nell'AOU di Careggi.
Voglio complimentami e ringraziare tutti coloro hanno contribuito a queste linnee guida su questo
tumore raro e sperare che altre iniziative del genere siano sempre più frequenti.
Prof. L. Cataliotti
Direttore Dipartimento Oncologico
Il Dipartimento Oncologico della Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi ha l'obiettivo di
garantire, ai pazienti che vi afferiscono, il massimo della qualità sia in ambito terapeutico che
relazionale attraverso l'impiego appropriato delle tecnologie disponibili ed esaltando le capacità
professionali del personale coinvolto.
Per fare ciò il Dipartimento è strutturato in gruppi oncologici multidisciplinari che hanno il compito
di coordinare il percorso assistenziale dei pazienti con patologie neoplastiche che si rivolgono al
nostro Ospedale, di redigere le linee guida, di garantire la formazione e l'aggiornamento degli
operatori coinvolti e di sviluppare attività di ricerca di base e clinica.
E' evidente che l'impegno dei gruppi multidisciplinari sarà prevalentemente diretto verso le
patologie neoplastiche più frequenti. Tuttavia un dipartimento oncologico inserito in una Azienda
Ospedaliero-Universitaria come Careggi che ha ottime individualità professionali deve offrire
l'eccellenza anche per quelle patologie di minore frequenza.
Questo documento sui tumori stromali gastrointestinali interpreta nella maniera giusta quanto finora
detto. Infatti, tutti i professionisti coinvolti nella diagnosi e nella terapia di questa patologia, hanno
contribuito a fare il punto sulle attuali conoscenze in questo ambito per quanto riguarda la propria
disciplina ma, insieme, hanno suggerito, in base ai livelli di evidenza, il miglior comportamento da
tenere nelle varie localizzazioni e nelle diverse situazioni.
Questo documento è quindi fondamentale per garantire in maniera omogenea, ai pazienti affetti da
questa patologia, quanto di meglio la scienza medica oggi può offrire ed è un riferimento
importante ed uno strumento di lavoro per tutti gli specialisti che tratteranno questi pazienti.
A Francesco Di Costanzo e Silvia Gasperoni insieme a tutti gli Specialisti delle diverse discipline il
merito ed i complimenti per quanto fatto.
Direttore Operativo Istituto Toscano Tumori
Volentieri presento questo lavoro che è il frutto della discussione e della integrazione di esperienze
di alcuni professionisti della Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi sul tema del GIST.
Si tratta di una patologia oncologica per la quale l'interesse è particolarmente alto non solo per le
peculiarità biologiche, ma soprattutto per la costante necessità di modulare procedure appropriate
anche alla luce di nuove ed interessanti prospettive di trattamento.
Credo che questo lavoro che nasce dalla volontà di definire all'interno di un grande ospedale con
compiti anche di alta specializzazione e di ricerca un inquadramento ottimale per una casistica a
rischio di inapropriatezza, sia una utile base per una condivisione più ampia, estesa a tutta la rete
oncologica regionale.
Già nel gruppo regionale dei tumori intestinali era emersa la necessità di allargare la rosa delle
Raccomandazioni Cliniche a questa neoplasia per cui ritengo che oggi si possa partire da questo
documento per confrontare i comportamenti nei diversi dipartimenti oncologici, definire requisiti
minimi e procedure appropriate, ipotizzare se necessari, specifici percorsi di diagnosi e cura. In
questo senso l'ITT a partire dalla diffusione di questo documento intende, come consuetudine,
essere promotore e facilitatore di quella discussione tra professionisti che è la base della omogeneità
dei comportamenti clinici e della qualità della nostra offerta di diagnosi e cura.
Capitolo 1. Introduzione
Capitolo 2. Epidemiologia
Capitolo 3. Presentazione Clinica
Capitolo 4. Diagnosi
Capitolo 5. Anatomia Patologica
5.1 Campionamento
5.3 Fattori prognostici
5.4 Analisi molecolare
Capitolo 6. Esami di diagnosi e stadiazione
6.1 Ruolo della PET
Capitolo 7. Terapia
7.1 Trattamento chirurgico dei GIST
7.1.1 Chirurgia per sedi
7.2. Terapia medica
7.2.1 Terapia medica con Imatinib
7.2.2 Terapia adiuvante
7.2.3 Terapia medica neoadiuvante
7.3 Recidiva di malattia
7.4 Terapia medica della malattia avanzata
Capitolo 9. Valutazione della risposta
Capitolo 10. Follow-up
Capitolo 11. Approccio terapeutico al dolore nei GIST
GRUPPO DI LAVORO DELL'AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA
CAREGGI FIRENZE
Hanno collaborato alla stesura e revisione:
Cognome e nome
Specialità
Ente di appartenenza
Terapia del dolore
Anatomia Patologica
Gastroenterologia
Farmacologia Oncologica AOUC Firenze
Anatomia Patologica
Farmacologia Oncologica AOUC Firenze
Medicina Nucleare
Gastroenterologia
Anatomia Patologica
Terapia del dolore
Legenda:
AOUC = Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi
Un ringraziamento alla Dr.ssa Elisa Giommoni, Dr.ssa Laura Vannini, Dr. Lorenzo Antonuzzo ed
alla Sig.ra Mariolina Tauriello della Segreteria per il contribuito fornito con tanta sollecitudine e
professionalità.
1. Introduzione
I tumori stromali gastrointestinali (GIST) sono sarcomi dei tessuti molli che originano dal tessuto
mesenchimale nel tratto gastrointestinale. Sono tumori rari rappresentando lo 0.1-3% di tutti i
tumori gastrointestinali e circa il 5% di tutti i sarcomi dei tessuti molli.
La definizione di GIST si è evoluta negli anni e l'attuale incidenza è probabilmente sottostimata
poiché fino a poco tempo fa molti GIST erano classificati come tumori benigni o leiomiosarcomi.
Queste raccomandazioni sono il frutto di un intenso lavoro di gruppo che ha visto la partecipazione
di numerosi specialisti (chirurghi, oncologi medici, gastroenterologi, anatomo-patologi,
endoscopisti, radiologi), nell'intento di razionalizzare tutte le fasi del percorso clinico alla luce delle
attuali conoscenze scientifiche.
Siamo certi che attraverso il miglioramento delle conoscenze scientifiche e della metodologia
clinica si potranno ottenere risultati per una migliore utilizzazione delle risorse umane ed
economiche. Questo passo rappresenta, infine, l'inizio di un percorso utile al monitoraggio
dell'outcome, come parametro di qualità erogata dal servizio sanitario regionale.
2. Epidemiologia
I GIST costituiscono la forma più comune di tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale.
L'incidenza di tali neoplasie è di circa 1,5 casi per 100.000 abitanti/anno. L'età media di insorgenza
è intorno ai 60 anni. Tuttavia esistono anche casi sporadici in età infantile e giovanile (GIST
infantile). Negli uomini l'incidenza è superiore rispetto alle donne.
Il 60% circa dei GIST originano dallo stomaco, il 30% dall'intestino tenue, meno del 5% dal colon-
retto e dall'esofago. In uno studio di 1765 pazienti con GIST che originavano dallo stomaco l'età
mediana era di 63 anni, mentre in una serie di GIST del digiuno e dell'ileo, l'età mediana era di 59
anni. Solo il 2.7% di GIST gastrici e lo 0.6% del piccolo intestino sono stati diagnosticati in
pazienti più giovani di 21 anni. La diagnosi di GIST è drammaticamente aumentata dal 1992 e la
sopravvivenza è notevolmente migliorata dal 2002, quando Imatinib è stato approvato dalla Food
and Drug Administration (FDA) per il trattamento del GIST.
3. Presentazione Clinica
I GIST possono insorgere in qualunque sede lungo il tratto gastroenterico, ma sono comuni nello
stomaco (50%) e nel piccolo intestino (25%). Il colon (10%), l'omento e il mesentere (7%),
l'esofago (5%) sono siti di malattia meno comuni. Una piccola percentuale dei GIST insorgono nel
retroperitoneo, ma non evidenziano una chiara associazione anatomica con quelli del tratto
gastrointestinale. Le metastasi epatiche e/o la disseminazione all'interno della cavità addominale
sono manifestazioni cliniche comuni di malattia. Le metastasi linfonodali sono poco frequenti, così
come è rara la diffusione al polmone o in altre sedi extra-addominali. Molti GIST sono diagnosticati
clinicamente a causa dei sintomi che provocano, altri sono identificati all'autopsia. In genere i
pazienti con GIST si presentano con: 1) un quadro acuto di emorragia intra-addominale,
sanguinamento gastroenterico, perforazione, o raramente con ostruzione intestinale (addome acuto),
2) voluminose masse con sanguinamento del tratto gastroenterico superiore con o senza sintomi
(fatigue dovuta all'anemia); 3) reperto occasionale durante la chirurgia o immagini radiologiche; 4)
reperto occasionale all'endoscopia (lesioni <2cm).
4. Diagnosi
I GIST sono spesso asintomatici e la loro diagnosi avviene in maniera incidentale, in seguito
all'esecuzione di studi radiografici, esami endoscopici o interventi chirurgici. All'esame
endoscopico appaiono spesso come lesioni sottomucose o come un bulging nel lume del viscere.
Un'attenta caratterizzazione della lesione e la differenziazione dalle altre sottomucose è il primo
requisito dell'esame endoscopico. Le caratteristiche della lesione che devono essere valutate
durante l'esame includono una stima delle dimensioni, della forma, della mobilità rispetto ai piani
sottostanti, della consistenza, del colore e dell'aspetto della mucosa ed dell'eventuale pulsatilità.
Successivamente l'esame ecoendoscopico (EUS), che può facilmente differenziare una lesione
intramurale da una extramurale, permette spesso di giungere ad una diagnosi specifica. Dal punto di
vista ecografico, i GIST sono lesioni ipoecogene ben circoscritte, omogenee, che possono prendere
origine dalla muscolaris mucosae (II strato ipoecogeno) o, più frequentemente, dalla muscolare
propria (IV strato epoecogeno). Occasionalmente i GIST possono derivare anche dalla sottomucosa
(III strato): in questi casi si pensa che la lesione sia originata dalla muscolaris propria o dalla
muscolaris mucosae e sia successivamente cresciuta ad occupare la sottomucosa.
Quando la lesione ha caratteristiche di malignità si presenta invece eterogenea, con depositi
ipoecogeni o aree necrotiche anecogene, soprattutto nei tumori di grosse dimensioni.
Ma il comportamento maligno di una lesione e soprattutto la diagnosi definitiva non può basarsi
esclusivamente sulle dimensioni e sul pattern ecografico: l'esame istologico, citologico ed una
analisi immunoistochimica completano così il quadro diagnostico.
Il prelievo bioptico, oltre che per via laparoscopica o laparotomica, può essere eseguito anche a
livello endoscopico: data, però, la localizzazione profonda dei GIST nella parete intestinale, le
biopsie tradizionali, eseguite con pinze bioptiche standard, hanno uno scarso valore diagnostico.
Un ruolo secondario ha anche la ―biopsia jumbo‖ (o bite-on-bite) che si esegue con pinze bioptiche
standard ripetendo il prelievo più volte sulla stessa sede, per ottenere tessuto dagli strati più
profondi della parete. L'esecuzione di EUS-guided FNA (con ago 19-22G) consente invece di
ottenere materiale citologico e talvolta piccoli frammenti istologici su cui è possibile eseguire
un'analisi imunoistochimica (CD117, CD34, smooth muscle actin SMA, S100) sotto guida EUS, si
eseguono passaggi attraverso il diametro maggiore della lesione, così da aumentare il potenziale con
una siringa da 10 ml. I campioni ottenuti vengono posizionati su un vetrino e fissati in alcool.
Questa metodica necessiterebbe della presenza di un citopatologo ―on site‖, tuttavia non disponibile
in ogni centro. Per aumentare il potere diagnostico della biopsia FNA è stato proposto anche un
nuovo metodo di prelievo istologico tramite EUS: l'EUS-guided core needle biopsy, che utilizza un
ago trucut 19G, che permette di ottenere tessuto sufficiente anche per l'esame istologico. Si possono
così valutare anche variazioni nell'architettura tissutale, oltre che cellulari. Anche per questa
metodica, i passaggi dovrebbero essere almeno 3-5. La scelta di eseguire una biopsia trucut spetta
all'endoscopista, in base: a) all'insufficiente materiale citologico ottenuto con FNA, nonostante
ripetuti passaggi, b) quando non è possibile stabilire una diagnosi preliminare ―on site‖ dai
campioni FNA, c) quando si sospetta un GIST, sarcoidosi o linfoma.
Così la trucut biopsy non dovrebbe sostituire la FNA, poiché l'accuratezza diagnostica non è
significativamente diversa, ma dovrebbe essere complementare alla FNA, integrando le
informazioni ottenute, secondo uno schema di ―campionamento in sequenza‖.
L'uso di tecniche quali la resezione mucosa (EMR) o la dissezione sottomucosa (ESD) sono un
altro mezzo per l'escissione della lesione e per ottenere tessuto sufficiente per l'esame istologico.
Queste metodiche sono riservate a lesioni localizzate alla sottomucosa o allo strato profondo della
mucosa e non sempre sono praticabili.
Il management dei GIST è strettamente legato alla sede in cui si trovano: se la lesione è a livello
esofago-gastrico o duodenale, la scelta terapeutica dipende dalle dimensioni: se il nodulo è inferiore
o uguale a 2 cm, con caratteristiche di basso rischio di malignità, l'approccio suggerito è quello di
un follow-up ecoendoscopico, riservando l'escissione per quelle lesioni che crescono di dimensioni.
Se la lesione è maggiore di 2 cm, l'approccio standard è la biopsia o l'escissione, poiché è
aumentato il rischio di malignità.
Diverso è invece l'approccio se la lesione è a livello rettale, o dello spazio retto-vaginale: la biopsia
e l'escissione dopo una valutazione EUS, indipendentemente dalle dimensioni della lesione, sono
l'atteggiamento suggerito, poiché maggiori sono il rischio di malignità e la difficoltà dell'azione
Poiché spesso una biopsia endoscopica può risultare difficile, l'escissione laparoscopica o
laparotomica è l'unico modo per giungere alla diagnosi istologica. Se la massa è più ampia di
dimensioni, tale da comportare un intervento chirurgico con resezione multiorgano, l'approccio
standard prevede biopsie multiple con ago sottile. Il rischio di disseminazione peritoneale è minimo
se la procedura è correttamente eseguita.
Le lesioni cistiche che sono a rischio a questo riguardo dovrebbero essere biopsate in centri
specializzati. Quando la malattia è metastatica, la biopsia del sito metastatico è sufficiente ed il
paziente può non essere sottoposto ad un approccio laparotomico per la diagnosi.
Raccomandazioni
Quando i GIST si presentano con noduli di dimensioni <2 cm del tratto esofago-gastrico o del
duodeno, la biopsia endoscopica potrebbe essere difficile e il solo modo per ottenere una
diagnosi istologica potrebbe essere la laparoscopia o la laparotomia. Molti di questi piccoli
noduli sono GIST a basso rischio o lesioni non maligne. Pertanto, l'approccio standard a
questi pazienti è l'ecografia endoscopica e in accordo con il paziente può essere effettuata una
valutazione istologica.
L'approccio standard a noduli >2 cm è la biopsia o l'escissione, poiché se è un GIST, sono a
più alto rischio.
L'approccio standard ai noduli del retto ( o spazio retto-vaginale) è la biopsia o l'escissione
dopo ecografia, perché sono lesioni ad alto rischio ed anche la sede implica problematiche
chirurgiche maggiori.
Se il nodulo è addominale e non suscettibile di valutazione endoscopica, l'escissione
laparoscopica o laparotomia è l'approccio standard.
Se la massa è più ampia di dimensioni tale da comportare una chirurgia con resezione
multiorgano, l'approccio standard prevede biopsie multiple con ago sottile. Il rischio di
disseminazione peritoneale è minimo se la procedura è correttamente eseguita.
Le lesioni cistiche che sono a rischio a questo riguardo dovrebbero essere biopsiate in centri
specializzati. L'escissione laparoscopica o laparotomia è un'alternativa, specialmente se la
chirurgia è limitata.
Quando la malattia è metastatica, la biopsia del sito metastatico è sufficiente ed il paziente
può non essere sottoposto ad un approccio laparotomico per la diagnosi.
5. Anatomia patologica
5.1 Campionamento
La neoplasia deve essere campionata eseguendo almeno un prelievo per ogni cm della massa
eteroplasica. Il materiale deve essere posto in formalina tamponata per preservare l'assetto
antigenico tumorale. Viene suggerito di eseguire un prelievo a fresco per eventuali analisi
mutazionali: il materiale a fresco viene inserito in una provetta contenente ―RNA lather‖ che
permette la conservazione fino a 30 giorni a temperatura ambiente.
5.2 Diagnosi
La diagnosi istologica di GIST si basa sugli aspetti morfologici e sulla positività
immunoistochimica per l'anticorpo CD117 (c-kit) della neoplasia.
Lo spettro morfologico dei GIST è variabile ma è riconducibile a tre istotipi principali: GIST a
cellule fusate, GIST a cellule epitelioidi, GIST misti (fusati ed epitelioidi). Alcuni elementi
morfologici quali i vacuoli chiari perinucleari, le microcisti o le fibre schenoidi possono essere
indicativi di GIST anche se va sottolineato che nessuno di questi aspetti da solo può consentire di
effettuare una diagnosi sicura. Spesso i GIST presentano una istologia monotona o ripetitiva ma
talvolta, possono presentare aspetti profondamente diversi da quelli più usuali: cellule giganti
plurinucleate, stroma ialino poco cellulato, nuclei disposti a palizzata, aspetto simil- neuroendocrino
(nuclei grandi).
Da queste indicazioni si evince che il solo aspetto istologico, per quanto suggestivo di GIST, non è
da solo diagnostico.
Infatti il secondo e più importante requisito per la diagnosi di GIST è la positività
immunoistochimica per CD117 (c-kit). Si consiglia di usare un anticorpo policlonale senza
effettuare le procedure di smascheramento antigenico. La positività di questo anticorpo è diffusa e
citoplasmatica; talora con una reazione immunoistochimica più marcata a livello della membrana
citoplasmatica (―rinforzo di membrana‖) o a livello dell'apparato di Golgi (―dot golgiano
paranucleare‖).
Bisogna sottolineare che la reazione immunoistochimica deve essere valutata da un patologo
esperto e in modo contestuale ai reperti morfologici e clinico-strumentali.
In circa il 5%-10% dei casi di GIST l'anticorpo CD117 non è espresso (GIST CD117 negativi), in
questi casi per formulare la diagnosi si possono utilizzare altri anticorpi quali: DOG1, PKCθ o
PDGFR, oppure fare ricorso all'analisi mutazionale.
Nella valutazione immunoistochimica di un sospetto GIST l'anticorpo CD117 deve essere utilizzato
insieme ad un pannello di altri anticorpi che comprende: CD34, actina, pS100, desmina.
5.3 Fattori prognostici
Nella diagnosi istologica devono essere riportate la sede della neoplasia, la dimensione maggiore ed
il numero di mitosi valutate su 50 campi microscopici ad alto ingrandimento (50 HPF, 400X).
I sistemi usati sono quello di Fletcher 2002 e quello di Miettinen 2006.
E' consigliato di valutare l'indice di proliferazione tumorale utilizzando l'anticorpo Mib1 espresso
come percentuale di cellule positive.
Il rischio di ricaduta viene valutato sulla base dell'indice mitotico, la dimensione del tumore, la sede
del tumore, i margini chirurgici e se è avvenuta la rottura del tumore.
5.4 Analisi molecolare
La maggior parte dei GIST presentano mutazioni del gene KIT (80 dei casi) o del gene PDGFR
(10% dei casi). A fini terapeutici vengono ricercate nei casi selezionati le mutazioni del gene KIT a
livello dell'esone 9 e 11. La spesa per eseguire una determinazione di mutazioni degli esoni 9 ed 11
è di circa 100 euro per caso. Questa spesa è relativa alla varie fasi di processazione del materiale:
stabilizzazione del campione, sparaffinatura e digestione, purificazione del DNA, prima
amplificazione, purificazione prodotto PCR, seconda amplificazione, purificazione prodotto della
seconda PCR, sequenziamento.
Scheda GIST
Materiale inviato
sezioni in bianco (n°…….)
Tipo di materiale
resezione chirurgica
Biopsia n°………………………………………. Data di invio materiale…………….
Dati del paziente
Cognome……………………. Nome……………………… Età……… M F
Luogo di nascita…………………………… Data di nascita………………………………
Caratteristiche neoplasia
Stomaco Tenue
Dimensioni cm……………….
5,1 -10 cm. >10 cm.
Tipizzazione istologica della neoplasia
Caratteristiche morfologiche
altro……………
emorragia fibre schenoidi
altro……………………………………………………………………
stadio patologico: livello d'infiltrazione …………………. …
n° mitosi x 50 HPF………………….
actina HHF35
Attività proliferativa
Mib-1+ nel……….% delle cellule neoplastiche
Categoria di rischio
Fletcher 2002
Miettinen 2006
Analisi molecolare
Tipo di materiale tessuto in paraffina tessuto congelato tessuto in RNA lather
Mutazioni KIT
esone 9
esone 11
Raccomandazioni
Il campionamento del tumore dovrebbe essere fissato in formalina (evitare la fissazione
Bouin, dal momento che inficia la fattibilità di una analisi molecolare).
E' incoraggiato lo stoccaggio di materiale congelato, poiché nuove analisi di patologia
molecolare potrebbero essere effettuate in un secondo momento.
Un consenso informato appropriato dovrebbe essere fornito per permettere analisi successive
e ricerche ulteriori.
La diagnosi immunoistochimica si basa sul CD117 + anche se il 5% sono CD 117 -.
La conta mitotica ha valore prognostico e dovrebbe essere espressa in numero di mitosi per 50
HPF.
L'analisi mutazionale per mutazioni coinvolgenti KIT e PDGFRA può confermare la diagnosi
di GIST, se dubbia (CD117-).
L'analisi mutazionale ha valore predittivo e prognostico, pertanto è fortemente raccomandata
nella diagnosi e nella gestione di tutti i GIST.
La centralizzazione dell'analisi mutazionale in un laboratorio con programma di qualità
certificati e sufficiente esperienza nella malattia potrebbe rendere più facile la diffusione della
metodica.
Il rischio di recidiva può essere stimato sulla base di alcuni fattori prognostici: la conta
mitotica, la dimensione del tumore, i margini chirurgici (incluso se è avvenuta rottura della
massa).
La Consensus del 2002 valuta nella classificazione del rischio la dimensione e la conta
mitotica: una più recente classificazione comprende la sede, la conta mitotica e le dimensioni.
Questo riflette il dato della miglior prognosi della sede gastrica rispetto all'intestino e retto. I
dati provengono da un'analisi retrospettiva singola e necessitano conferme.
La rottura del tumore, sia se spontanea sia se avvenuta durante l'intervento chirurgico deve
sempre essere segnalata. (E' incerto se vadano considerati metastatici). Il lavaggio addominale
durante l'intervento chirurgico può essere un'opzione in caso di rottura del tumore.
E' inoltre importante l'esplorazione chirurgica dei noduli peritoneali.
6. Esami di diagnosi e stadiazione
Le tecniche di diagnostica per immagini nella valutazione dei GIST includono: endoscopia,
ecografia endoscopica, tomografia computerizzata (TC), risonanza magnetica (RM), PET con FDG
(fluorin-18-fluorodeossiglucosio). La TC addome e pelvi con mdc rappresenta il gold standard nello
studio dei GIST, in quanto svolge un ruolo importante non solo nella caratterizzazione della lesione,
ma anche nella sua localizzazione, nell'estensione e nel follow-up. La RMN può essere
un'alternativa. Solo attraverso la TC infatti, è possibile porre il sospetto di un GIST, anche se in
ogni caso l' esame istologico è essenziale per fare la diagnosi. Essa è inoltre l'indagine di scelta
prima dell' intervento chirurgico per la stadiazione di malattia, in quanto riesce ad evidenziare i siti
metastatici nella maggior parte dei casi. La morfologia TC dei GIST è risultata priva di specificità
ed i tumori appaiono come processi espansivi a partenza extramucosa, con modesto enhancement
dopo iniezione di mezzo di contrasto. L'aspetto TC più frequente dei GIST è dato dalla presenza di
una lesione esofitica, spesso di cospicue dimensioni (oltre i 10 cm), a contorni lobulati. Per quanto
riguarda la densità, essa risulta essere spesso disomogenea in relazione alla presenza di aree
emorragiche e/o necrotiche, nonché di spazi cistici, specie nelle lesioni di maggiori dimensioni,
mentre le lesioni di piccole dimensioni presentano tendenzialmente aspetto omogeneo. La presenza
di calcificazioni è un reperto incostante ed aspecifico, apprezzabile più di frequente a livello delle
metastasi epatiche. L'ulcerazione della lesione rappresenta un indice di malignità: non sempre però
è possibile evidenziarla. Nei pazienti che hanno subito una resezione chirurgica di un GIST, la TC è
indicata per monitorare metastasi o eventuali recidive, e una TC addome pelvi è consigliata ogni 3-
6 mesi. Per i GIST con un rischio molto basso, sono sufficienti controlli meno frequenti. La TC è
anche usata per monitorare la risposta alla terapia. Infatti, in caso di risposta al trattamento con
Imatinib, il GIST diventa omogeneo e ipodenso, e il contrast enhancement (c.e.) dei noduli
scompare. Questi cambiamenti si possono osservare dopo 1-2 mesi dall' inizio della terapia. La
diminuzione della densità della massa dopo terapia indica una risposta e coincide con necrosi del
tumore o con degenerazione mixoide. Pertanto è raccomandabile eseguite una TC ogni 3 mesi
dall'inizio del trattamento con Imatinib. Per quanto riguarda il follow-up dei pazienti non in
trattamento, le Linee guida Europee per i GIST a rischio alto/intermedio raccomandano
l'esecuzione di TC ogni 3 – 4 mesi per tre anni, TC ogni 6 mesi fino a 5 anni e successivamente TC
ogni anno. Per i GIST a rischio basso deve essere eseguita una TC ogni 6 mesi per 5 anni, poi
controllo TC annuale. Nei GIST a rischio molto basso non è necessario un follow-up di routine,
anche se il rischio di recidiva non è pari a zero. La TC o la radiografia del torace e gli esami di
laboratorio routinari sono complementari agli accertamenti di stadi azione di un paziente
La Risonanza Magnetica è la procedura di scelta per lo studio dei GIST di origine rettale, perché
presenta una migliore risoluzione di contrasto per i tessuti molli e una multiplanarità che aiuta nella
localizzazione del tumore e per la definizione dei rapporti con gli organi adiacenti. L'aspetto RM
varia a seconda del grado di necrosi, della presenza di emorragia e di ulcerazioni: è apprezzabile un
c.e. periferico per i tumori voluminosi e un c.e. più omogeneo nei tumori più piccoli. Tale metodica
non offre, però, informazione addizionali rispetto alla TC per quel che riguarda la caratterizzazione
del tessuto intra-lesionale. L'Ecografia endoscopica (EUS) è una tecnica utile per la diagnosi di
lesioni di dimensioni < 2 cm, che solitamente sono riscontrate in modo incidentale. Tale tecnica è
indicata per lo studio di alcuni distretti: esofago, stomaco, duodeno, ano-retto. I limiti intrinseci
risiedono nel fatto che l'EUS può sottostimare l'estensione del tumore, con una sensibilità
diagnostica per i GIST maligni che varia di caso in caso tra l'80% e il 100%.
La diagnosi definitiva di tumori stromali gastrointestinali richiede due criteri: il primo,
istologico, rappresentato dalla presenza di cellule fusate, meno comunemente epitelioidi o
raramente entrambe, ed il secondo, immunochimico, basato sulla positività per la proteina
cd117.
La TC-MS è attualmente da considerare indagine fondamentale per lo studio dei GIST,
poiché consente di riconoscere la patologia, stabilire i suoi rapporti e ricercare eventuali
metastasi.
La TC per la sua elevata risoluzione di contrasto e per l'elevata panoramicità fornisce
indicazioni indispensabili nella pianificazione terapeutica e nel follow up dei pazienti trattati
sia chirurgicamente che mediante terapia farmacologica.
Nei pazienti che hanno subito una resezione chirurgica di un GIST una TC addome pelvi è
consigliata ogni 3-6 mesi.
La TC è raccomandata ogni 3 mesi dall'inizio della terapia nei pazienti in trattamento
farmacologico.
La TC è attualmente la modalità di diagnostica per immagini d'elezione nella valutazione
della risposta.
Nel follow-up si raccomanda per i GIST a rischio alto/intermedio l'esecuzione di TC ogni 3 –
4 mesi per tre anni, TC ogni 6 mesi fino a 5 anni e successivamente TC ogni anno fino al
decimo anno.
Per i GIST a rischio basso deve essere eseguita una TC ogni 6 mesi per 5 anni, poi TC annuale
fino al decimo anno.
Nei GIST a rischio molto basso non è necessario un follow-up di routine.
La Risonanza Magnetica è la procedura di scelta per lo studio dei GIST di origine rettale.
L'Ecografia endoscopica (EUS), è una tecnica utilizzata per la diagnosi di lesioni di
dimensioni
esofago,
stomaco,
ano-retto.
6.1 Ruolo Della PET
L'uptake di 18F-FDG risulta aumentato in molti tumori maligni e può essere misurato tramite
l'utilizzo della PET (Positron Emission Tomography). Tale uptake è rappresentativo della quota di
cellule metabolicamente attive e dunque in fase vitale. Un gran numero di piccoli studi clinici
hanno infatti indicato che la quantificazione della captazione di 18F-FDG può essere utilizzata
come precoce e sensibile marker farmacocinetico dell'effetto citotossico dei farmaci
chemioterapici. L'uptake di 18F-FDG è misurato come SUV, che definisce il rapporto tra la
concentrazione del radio tracciante nel tumore moltiplicato per la superficie corporea e l'attività
Secondo le linee guida EORTC 1999 si definisce:
Progressione metabolica di malattia se la SUV del 18F-FDG a livello tumorale aumenta di
più del 25% rispetto allo scan basale, se c'è un incremento visibile nell'estensione
dell'uptake del tracciante >20% nella dimensione maggiore o se compaiono nuove lesioni
Malattia metabolicamente stabile se la SUV di 18F-FDG aumenta di meno del 25% o
diminuisce meno del 15% o non ci sono aumenti visibili di uptake tumorali (>20% nella
dimensione tumorale maggiore).
Risposta metabolica parziale se c'è una riduzione di almeno 15-25% di SUV del 18F-FDG
dopo un ciclo di chemioterapia e più del 25% dopo più di un ciclo di trattamento.
Risposta metabolica completa se l'uptake di 18F-FDG nel volume tumorale scompare
completamente all'interno della lesione.
In particolare, nello studio dei GIST, sia primitivi che metastatici, vengono routinariamente
utilizzate metodiche di diagnostica per immagine sia in fase diagnostica, sia per la stadiazione che
per la valutazione della risposta al trattamento. Esistono studi che dimostrano un alto uptake di 18F-
FDG nei GIST non trattati. La PET assume un ruolo marginale nella diagnostica e nella stadiazione,
ma l'acquisizione dell'attività metabolica delle lesioni può giustificare il suo utilizzo prima
dell'inizio della terapia con Imatinib per valutare la risposta precoce al trattamento. Tale metodica
di imaging infatti sembrerebbe aver dimostrato di essere superiore nel rivelare precocemente i
parametri funzionali indicativi della risposta al trattamento con Imatinib. Nei GIST è stato
evidenziato come il solo aspetto dimensionale può non essere sufficiente a documentare la risposta,
dal momento che in alcun casi di risposta ―paradossa‖ da un punto di vista dimensionale, con
stazionarietà o addirittura incremento volumetrico della lesione dovuta a fenomeni necrotico-
emorragici. Pertanto, non ci si deve limitare alla valutazione della risposta al trattamento molecolare
dei GIST mediante i soli criteri dimensionali delle tecniche morfologiche, in quanto si può correre il
rischio di sottostimare la risposta in un numero significativo di casi, in particolare nei primi 2- mesi
dall'inizio del trattamento. Per contro, nelle fasi successive (6-12 mesi) la maggior parte delle
risposte tissutali si trasformano in risposte dimensionali. La PET può dunque essere utile per
valutare una risposta precoce al trattamento e per dirimere i casi dubbi, soprattutto quando debba
essere valutato un approccio chirurgico entro poche settimane nel caso di malattia non responder. Si
raccomanda dunque nei GIST sottoposti a terapia con Imatinib l'esecuzione di una 18FDG-PET al
momento basale, a 1, a 3 e a 6 mesi dall'inizio della terapia. Non ci sono attualmente evidenze che
indicano conveniente l'utilizzo della PET nel monitoraggio dei pazienti non in trattamento, per i
quali sono validi i principi di utilizzo delle metodiche di imaging metabolico validi per gli altri
Raccomandazioni
Le procedure di staging devono tenere in considerazione che la ricaduta avviene a livello del
peritoneo e del fegato. CT pelvica e addominale con contrasto è l'esame di scelta per lo staging
ed il follow-up.
Per i GIST del retto, la MRI fornisce migliori informazioni nello staging preoperatorio.
La CT del torace o la radiologia del torace e gli esami di laboratorio di routine completano lo
staging del paziente asintomatico.
La valutazione dell'uptake del 18 fluoro deossi glucosio (18F-FDG) con la PET, o PET /CT-
MRI, è utile soprattutto per la valutazione precoce della risposta tumorale ad Imatinib .
7. Terapia
E' necessaria una pianificazione multidisciplinare del trattamento (che coinvolga il patologo, il
radiologo, il chirurgo, l'oncologo medico ecc) all'interno di un network di collaborazioni con
esperti di diverse discipline.
7.1 Chirurgia: Trattamento chirurgico dei GIST
1) In molti casi l'escissione chirurgica è l'unico modo di ottenere una diagnosi certa di GIST (le
lesioni piccole potrebbero non essere GIST!)
2) Quali GIST trattare chirurgicamente: Tutti.
(escludere pazienti ad alto rischio chirurgico, pazienti con aspettativa di vita breve, persone
3) La chirurgia è al momento la terapia di prima linea per il trattamento dei GIST primitivi
localizzati e resecabili (Blay et al Ann Oncol 2005). La chirurgia è indicata anche per le neoplasie
non resecabili o metastatiche dopo CMT neodiuvante con retrostadiazione.
4) I principi generali della chirurgia sono:
• Resezione completa del tumore senza rottura della pseudocapsula che comunemente avvolge
la massa (tecnica no touch, asportazione in blocco)
• Ottenimento di margini istologicamente negativi
• Linfoadenectomia non necessaria a meno di interessamento linfonodale clinicamente
• Eventuale resezione en-bloc di organi adiacenti adesi al tumore
• Ispezione accurata del fegato e di tutta la cavità peritoneale
5) Tipo di intervento: ∙ ampia escissione con margini liberi
∙ evitare manipolazioni che possono determinare la rottura del tumore (la rottura comporta il
passaggio a malattia metastatica!)
∙ trattamento laparoscopico non indicato secondo alcuni autori (anche se non esiste evidenza di una
maggiore incidenza di rottura o di resezione incompleta)
∙ la linfectomia non è in genere necessaria eccetto i casi in cui siano evidenti linfonodi interessati
dalla malattia (raro) .
Il trattamento standard del GIST localizzato è l'escissione chirurgica completa, senza
dissezione dei linfonodi clinicamente negativi (IV A).
Se è in programma una escissione laparoscopica, la tecnica necessita di sgeuire i principi della
chirurgia oncologica.
L'approccio laparoscopico è sconsigliato in quei pazienti che hanno tumori di grandi
dimensioni.
L'obiettivo della chirurgia è quello di ottenere una resezione R0. Nei casi in cui sia stata
eseguita una resezione R1, si può decidere di eseguire un reintervento per asportare il tumore
residuo in maniera radicale. Questa condotta implica che sia stata individuata con certezza la
sede d'origine della lesione.
Se non è possibile eseguire una resezione R0 o se la resezione R0 prevede un intervento
mutilante per il paziente, può essere condivisa con il paziente la decisione di accettare un
intervento con margini R1, in particolare per lesioni a basso rischio, in mancanza di una
dimostrazione che la chirurgia R1 sia associata ad una peggiore sopravvivenza globale.
Se non è fattibile una chirurgia R0 che rimane comunque lo standard di riefriemnto, è
raccomandato un pre-trattamento con Imatinib al fine di ottenere una riduzione della massa
tumorale (IV A). Questo trattamento può essere indicato anche nel caso in cui il chirurgo
ritenga che l'intervento chirurgico sia più sicuro dopo una citoriduzione della massa
tumorale, come pure che la citoriduzione diminuisca il rischio di sanguinamento o di rottura
della lesione in corso d'intervento. In questi casi specifici, la massima risposta del trattamento
citoriduttivo si ottiene generalmente dopo 6-12 mesi; trascorso tale periodo, durante il quale il
paziente deve essere attentamente monitorizzato per valutare la risposta di questo
trattamento neoadiuvante, viene eseguita la chirurgia.
L'analisi mutazionale può aiutare ad escludere mutazioni non sensibili dalla terapia con
Imatinib.
La PET o la PET/TC possono essere utili per valutare molto rapidamente la risposta del
tumore, in poche settimane, per non ritardare la chirurgia nella malattia non responsiva.
Chirurgia per sedi
Non sono presenti linee guida basate su trial randomizzati in letteratura
Wedge resection, antrectomia, gastrectomia subtotale, gastrectomia totale
• Sono descritte anche procedure condotte per via laparoscopica, sebbene la laparoscopia sia
controindicata per alcuni Autori per lesioni >2 cm (NCCN) e secondo altri per lesioni >5 cm
(Langer et al Chirurg 2008, Nakamori et al Am J Surg 2008)
• Sono descritte lesioni trattate per via laparoscopica di dimensioni fino ad 8,5 cm e
dimensioni medie di 4,5 cm (Novitsky et al Ann Surg 2006, Pinna et al J Gastrointest Surg
• Descritto anche approccio combinato endoscopia-laparoscopia (Wilhelm et al World J Surg
Intestino tenue
Escissione locale, resezioni segmentarie, duodenocefalopancreasectomia
• La casistica maggiore descritta è di 100 casi con: 7 escissioni locali, 87 resezioni
segmentarie e 6 Whipple (per i GIST del duodeno) (Wu et al BMC Gastroenterology 2006)
• Casistica maggiore per GIST del duodeno 7 casi: 5 duodenocefalopancreasectomie e 2
resezioni parziali del duodeno (Winfield Am Surg 2006)
• Descritta una resezione segmentaria della terza e quarta porzione duodenale (De Nicola
Suppl Tumori 2005)
• Descritta escissione locale e riparazione diretta del duodeno per lesione periampollare
(Cavallini et al Tumori 2005)
Escissione transanale, resezione trans-sacrale, resezione anteriore del retto e resezione addomino-perineale
• Descritti 2 casi con approccio trans-sacrale (Matsushima Surg Today 2007)
• Casistica maggiore 7 casi: 5 Miles, 1 escissione trasanale, 1 Hartmann con prostatectomia (Baik et al
Surg Today 2007)
• Descritta RAR laparoscopica (Guerin et al Acta Chir Belg 2006)
• Descritta Miles laparoscopica (Nakamura et al Surg Today 2007)
RACCOMANDAZIONI FRANCESI
• Terapia chirurgica: ampia escissione (per tumori in sedi particolari come duodeno ed
esofago; per lesioni del retto basso di diametro inferiore ai 2 cm può essere accettata
• NO laparoscopia
• Resezioni segmentarie laddove la wedge resection non sia
• Resezione en bloc per lesioni infiltranti organi contigui
• Nel caso di chirurgia non radicale (R1): in presenza di invasione della sierosa: NO
reintervento; senza invasione della sierosa: valutazione multidisciplinare per eventuale ri-
• Linfectomia solo linfonodi positivi
• Tutti i GIST asportabili e tutte le lesioni dubbie devono essere operati
7.2. Terapia medica
La chemioterapia citotossica standard non deve essere usata nei GIST come terapia primaria. La
sopravvivenza mediana dei pazienti con GIST trattati con chemioterapia è in genere inferiore a 2
anni (range, 14-18 mesi).
Nello studio di Dimetri et al del 2002 in pazienti con GIST metastatico, il tasso di risposta ai regimi
chemioterapici standard è stato dello 0%. Altri trial, che hanno incluso pazienti con diagnosi
specifica di GIST, hanno riportato un tasso di risposte obiettive dello 0-5%.
7.2.1 Terapia medica con Imatinib
Sebbene l'intervento chirurgico rappresenti la terapia di prima linea per i tumori stromali del tratto
gastrointestinale, le recidive sono frequenti e si verificano in un tempo mediano di 24 mesi
dall'intervento. La probabilità di ricaduta è funzione di alcune caratteristiche cliniche: dimensione
del tumore, numero di mitosi, sede della malattia.
Imatinib un inibitore del recettore tirosin-chinasico, è attualmente considerato la terapia standard
per le forme recidivate o metastatiche della malattia (IV A). Questo si applica anche ai pazienti
metastatici nei quali sono state asportate del tutto chirurgicamente tutte le lesioni. Due ampi studi
randomizzati di fase III hanno dimostrato l'efficacia di imatinib in pazienti con GIST avanzati, in
termini sia di sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival) sia di sopravvivenza
Nonostante la chirurgia ottimale e i dati di sopravvivenza e di qualità di vita dei pazienti con GIST
avanzato trattati con Imatinib, la maggioranza dei pazienti sperimentano progressione di malattia.
Molti pazienti hanno progressione di malattia senza alcuna risposta (in genere entro 3-6 mesi).
Questo implica una resistenza primaria alla terapia con Imatinib e viene registrata nel 10-15% dei
pazienti. Questi pazienti hanno in genere una mutazione nell'esone 9 di kit o la mutazione
PDGFRA D 842V, o hanno tumori wild type senza altre mutazioni rilevabili. Dall'altro lato, la
resistenza secondaria causa progressione di malattia dopo una risposta primaria, la cui durata
mediana è in genere di 2 anni. La resistenza secondaria è comunemente dovuta a nuove acquisite
mutazioni in kit o PDGFR alfa, che compromettono l'attività inibitoria di imatinib. In questo
setting, Sunitinib è un agente efficace, con un intervallo libero da progressione mediano di circa 6
mesi. Questo farmaco potrebbe essere efficace in tumori wild-type come anche in tumori con
mutazione di kit dell'esone 9. Questi pazienti sono anche responsivi a dosi più alte di Imatinib (800
mg), che potrebbe essere considerato come il trattamento standard in questo sottogruppo di pazienti
Una meta-analisi ha valutato complessivamente i risultati di due studi clinici randomizzati gemelli
(uno condotto in USA e l'altro in Europa/Australia), che hanno confrontato due differenti dosaggi,
400 mg/die vs 800 mg/die in un totale di 1640 pazienti con GIST non resecabili o metastatici. La
PFS è migliorata con la dose superiore (soprattutto nei casi con mutazione dell'esone 9) anche se
con un profilo di effetti avversi piu' sfavorevole, senza alcun vantaggio significativo in termini di
OS. La dose standard di Imatinib è quindi da considerare 400 mg/die, riservando la dose di 800
mg/die ai GIST che non rispondano al dosaggio inferiore. I risultati di questa meta-analisi
confermano inoltre che la prognosi è influenzata dalla sede d'origine del tumore, dal performance
status, dai livelli di emoglobina e dalla conta leucocitaria. Il trattamento con Imatinib deve essere
protratto sino a progressione anche quando le lesioni sono state escisse chirurgicamente ( II B). E'
stato completato lo studio francese randomizzato a 5 anni continuativi di terapia vs sospensione.
Imatinib sospeso dopo 5 anni di terapia ha evidenziato un più alto di progressione rispetto al
Mantenimento nei pazienti in risposta o stabili. Imatinib deve essere somministrato
continuativamente fino a PD o intolleranza nella popolazione di pz non in progressione con malattia
avanzata o metastatica.
La terapia di seconda linea standard è il Sunitinib (II B), un inibitore delle tirosin-chinasi attivo
anche sul VEGFR, che ha dimostrato di mantenere la malattia sotto controllo per almeno 6 mesi
dopo l'insorgenza di resistenza a Imatinib. La dose di 50 mg/die ha dimostrato un profilo di
tollerabilità non ottimale. E' stata dimostrata l'efficacia del farmaco in termini di sopravvivenza
libera da progressione secondo lo schema posologico di quattro settimane di somministrazione e
due di riposo. La dose orale continua giornaliera alla dose di 37.5 mg può essere efficace e ben
tollerata sebbene non sia stato condotto uno studio clinico randomizzato di confronto tra le due
schedule. Questa schedule può essere considerata un'opzione su base individualizzata.
7.2.2 Terapia adiuvante
Dal momento che la resistenza ad Imatinib sembra sia dovuta all'emergenza o all'espansione di
cloni individuali, il rischio di sviluppare questi cloni resistenti potrebbe essere ridotto dall'uso di
Imatinib in stadi precoci.
Gli ultimi risultati dello studio Z9000 (ACOSOG Adjuvant trial) indicano che Imatinib alla dose di
400 mg/die per 1 anno dopo la resezione del tumore primitivo ad alto rischio si associa con un
incremento in sopravvivenza globale rispetto al controllo storico. Nello studio sono stati arruolati
107 pazienti valutabili, con una dimensione mediana del tumore di 13 cm (3-42 cm). La
sopravvivenza libera da recidiva a 1, 2, 3 anni era del 94%, 73% e 61%, rispettivamente.
Lo studio di fase III in doppio cieco, randomizzato verso placebo (Z9001:ACOSOG Adjuvant trial),
ha coinvolto 773 pazienti con GIST operato radicalmente con un diametro maggiore di 3 cm a
ricevere Imatinib a 400 mg/die per 1 anno verso placebo.
L'end-point primario di efficacia dello studio era la sopravvivenza libera da recidive (RFS), definita
come il tempo tra la data di randomizzazione e la data della recidiva o decesso per qualsiasi causa.
Il Glivec ha prolungato significativamente la RFS , con il 75% dei pazienti liberi da recidiva a 38
mesi nel gruppo trattato con Glivec vs i 20 mesi del gruppo con placebo [HR: 0.398 (0.259-0.610),
p<0.0001]. Ad un anno la sopravvivenza libera da recidive complessiva era significativamente
migliore per il gruppo con Glivec (97.7%) vs placebo (82.3%), p<0.0001). Il rischio di recidiva era
quindi approssimativamente del 89% rispetto al placebo [HR: 0.113 (0.049-0.264)].
Il rischio di recidiva nei pazienti, dopo resezione del GIST primario, è stato valutato
retrospetticamente sulla base dei seguenti fattori prognostici: dimensione del tumore, indice
mitotico, sede del tumore.
I dati dell'indice mitotico erano disponibili per 556 dei 773 pazienti. I risultati delle analisi dei
sottogruppi, in accordo con le classificazioni del rischio del National Institutes of Health (NIH)
degli Stati Uniti e del Armed Forces Insitute of Pathology (AFIP) sono riportati in tabella.
La RFS è risultata a favore del trattamento con Imatinib (96% vs 67-86%) nei pazienti con tumori
ad alto rischio (>6 cm).
Nessun beneficio è stato riportato nei gruppi con rischio basso e molto basso. Non è stato osservato
alcun beneficio in termini di sopravvivenza globale.
di N° eventi/N°pts
Valori di RFS (%)
Glivec vs placebo
Glivec vs placebo Glivec vs placebo
100 vs 98.7 100 vs 95.5
0.59 (0.17-2.10)
100 vs 94.8 97.8 vs 89.5
21/140 vs 51/127
0.29 (0.18-0.49)
94.8 vs 64 80.7 vs 46.6
100 vs 98.1 100 vs 93.0
100 vs 100 97.8 vs 100
0.16 (0.03-0.70)
97.9 vs 90.8 97.9 vs 73.3
0.27 (0.15-0.48)
98.7 vs 56.1 79.9 vs 41.5
NS = non stimabile; RFS =relapse free survival
All'analisi multivariata l'alto indice mitotico, la dimensione del tumore, la sede nel piccolo
intestino sono fattori predittvi di RFS e potrebbero essere usati per selezionare i pz per la terapia
La terapia adiuvante con Imatinib per 1 anno ritarda significativamente la recidiva nei pazienti con
mutazione dell'esone 11 di kit, mutazione di PDGFR-α (non D842V) ma non nei wil-type; sono
necessari maggiori dati per valutare l'impatto sulla ricaduta della terapia adiuvante con Imatinib
nella mutazione dell'esone 9 di kit.
Studi di fase III sono stati condotti per definire l'impatto della terapia adiuvante con Imatinib sulla
sopravvivenza globale.
Lo studio di fase III (EORTC/GSF/FISG/GEIS/AGITG 62024) randomizzato, controllato,
confronta Imatinib 400 mg die per 2 aa vs nessuna ulteriore terapia dopo chirurgia per GIST KIT
positivo ad intermedio e alto rischio. In questo studio i pazienti sono stati stratificati per categoria di
rischio, calcolata in base a dimensione del tumore e indice mitotico, per sede del tumore e per
radicalità di resezione. L'obiettivo primario dello studio è la sopravvivenza globale e gli end points
secondari sono la sopravvivenza libera da recidiva e la tollerabilità. L'accrual dello studio è stato
esteso a 900 pazienti e i dati finali dello studio sono attesi per il 2012. In seguito all'interruzione
precoce dello studio Canadese (Z9001) è stato aggiunto un altro end point secondario: tempo al
fallimento con Imatinib.
Lo studio multicentrico SSGXVIII/AIO, è uno studio aperto, randomizzato, prospettico, di fase III,
e include pazienti con GIST operati ad alto rischio trattati con imatinib (400 mg die) per 1 o 3 anni.
L'accrual è di 400 pazienti. L'obiettivo primario è la sopravvivenza libera da malattia. L'obiettivo
secondario è confrontare la tollerabilità della terapia con Imatinib e la sopravvivenza globale.
Imatinib è stato approvato dall' FDA e dall' EMEA per il trattamento adiuvante della durata di un
anno per i pazienti con GIST operato KIT positivo, ed è attualmente disponibile in Italia dal Maggio
2009. La selezione dei pazienti candidabili a terapia adiuvante con Imatinib per un anno viene
valutata in base al rischio di ricaduta; l'analisi mutazionale può essere di aiuto nel selezionare i
pazienti che meglio possono beneficiare del trattamento.
Raccomandazioni:
Il rischio di recidiva può essere sostanziale o relativamente alto, in molti casi, in base alla
conta mitotica, la dimensione del tumore, il sito della malattia.
Risultati definitivi sul trattamento medico adiuvante con Imatinib per 1 anno mostrano un
vantaggio in sopravvivenza libera da recidiva in uno studio randomizzato di pazienti con
GIST localizzato di dimensioni >3 cm.
E' necessario un follow-up più lungo per definire il tasso assoluto di recidiva, la durata del
tempo alla relapse, il comportamento della resistenza secondaria ad Imatinib nei pz che
recidivano dopo terapia adiuvante. La sopravvivenza globale, il tempo alla resistenza
secondaria, l'intervallo libero alla ricaduta sono end-point rilevanti.
Imatinib in uso adiuvante può essere proposto come un'opzione per quei pazienti con
significativo rischio di ricaduta (II, C)
7.2.3 Terapia medica neoadiuvante
Il setting neoadiuvante deve essere ben distinto da quello citoriduttivo preoperatorio. L'uso di un
trattamento preoperatorio citoriduttivo permette infatti di ricevere un intervento chirurgico meno
invasivo o meglio tollerabile se preventivamente è riuscito a ridurre le dimensioni della massa
tumorale. L'obiettivo prevalentemente è dunque il controllo locale, laddove in un trattamento
neoadiuvante, invece, l'agente utilizzato si colloca in una strategia terapeutica globale dove il target
principale è sistemico e il farmaco viene proposto alla stessa popolazione di pazienti dell'adiuvante.
Molte istituzioni coinvolte nel trattamento dei GIST stanno valutando l'approccio neoadiuvante in
un numero di casi, sebbene una dimostrazione formale della sua efficacia sarà difficile da provare,
data l'eterogeneità della presentazione clinica.
La terapia citoriduttiva è oggi fortemente consigliata perché può ridurre la morbilità associata alla
chirurgia, il rischio di sanguinamento intraperitoneale e il rischio di rottura del tumore. Due studi
sono stati pianificati per verificare l'efficacia di Imatinib in questo ambito, ma con tempi di
somministrazione diversi: uno studio americano, denominato RTOG S0132, recentemente concluso,
nel quale la durata della terapia preoperatopria è stata di 8 settimane e lo studio tedesco, denominato
Apollon, ancora in corso, con una durata della terapia preoperatoria di 6 mesi.
Nello studio di fase II RTOG 0132 la OS stimata era del 93% e del 91% per i pazienti con GIST
primitivo e per quelli con GIST metastatico recidivato. La PFS a 2 anni era del 83% e 77%
rispettivamente. In questo studio l'Imatinib postoperatorio è stato continuato per 2 anni.
La terapia neoadiuvante è quindi fortemente indicata nei casi in cui la riduzione della massa
tumorale può permettere una chirurgia d'organo più conservativa. Per esempio, spesso è indicata
nei GIST del retto, dove la somministrazione di Imatinib può consentire la preservazione dello
sfintere e della funzionalità.
Raccomandazioni:
Se non è possibile ottenere una chirurgia R0 o potrebbe essere raggiunto un intervento meno
mutilante nel caso di una citoriduzione, il trattamento preoperatorio con Imatinib è
raccomandato [IV, A].
Dopo aver ottenuto la massima risposta, generalmente dopo 6-12 mesi, viene effettuata la
chirurgia.
L'analisi mutazionale potrebbe aiutare a individuare mutazioni non sensibili a Imatinib ed
escludere questi pazienti dalla pianificazione terapeutica con questo farmaco.
La PET o la PET/CT-MRI potrebbe essere d'aiuto nel valutare rapidamente la risposta, in
termini di poche settimane, così che la chirurgia non sia dilazionata nei casi non responsivi.
7.3 Recidiva di malattia
Molti GIST presentano progressione focale o multifocale dopo aver risposto a Imatinib.
Un incremento di dose da 400 a 800 mg/die può rallentare la crescita delle lesioni resistenti.
Un ulteriore trattamento chirurgico potrebbe essere un'opzione per pazienti con progressione
Raccomandazioni:
La chirurgia di una malattia in progressione, come ad esempio un nodulo all'interno di una
massa, è stato associato con un intervallo libero da progressione equiparabile ad una seconda
linea con Sunitinib.
Procedure non chirurgiche come trattamenti locali (termoablazioni) potrebbero essere
indicate in casi selezionati.
7.4 Terapia medica della malattia avanzata
Nei pazienti affetti da tumori stromali gastroenterici in fase localmente avanzata o metastatica, che
non sono candidabili all'intervento chirurgico, la terapia sistemica con Imatinib, un inibitore di
tirosino-kinasi come KIT e PDGFRα, rappresenta il trattamento di scelta. Imatinib infatti ha
significativamente aumentato la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale
nei pazienti affetti da GIST metastatici, come dimostrato da diversi studi clinici di fase I e II,
portando la mediana di sopravvivenza da 2 a 5 anni totali. La schedule di trattamento standard
prevede la somministrazione per os di Imatinib 400 mg/die (I A). I pazienti in cui si sia stata
documentata una mutazione dell'esone 9 di KIT si giovano, in termini di sopravvivenza libera da
progressione, di una dose maggiore di farmaco, come dimostrato dalla meta-analisi internazionale
dei trials di fase III EORTC e SWOG (MetaGIST), che è stata condotta al fine di individuare i
pazienti che per assetto molecolare possono trarre vantaggio da dosi maggiori di Imatinib. Pertanto
nei casi con mutazione dell'esone 9 di KIT lo standard di trattamento è 800 mg/die (IIIA).
Nei pazienti responsivi al trattamento o che dimostrano malattia stabile, la terapia con Imatinib
dovrebbe essere continuata fino a progressione di malattia o a tossicità inaccettabile, in quanto
l'interruzione è generalmente seguita da una ricaduta di malattia rapida, generalmente entro 6 mesi
dall'interruzione, anche in quei casi dove è stata eseguita una escissione chirurgica delle lesioni
eteroplasiche. La dose intensity di trattamento dovrebbe essere mantenuta e gestita in relazione ad
eventuali effetti avversi, per cui possono essere praticate riduzioni di dose o interruzioni in caso di
tossicità eccessiva. Durante la terapia con Imatinib deve essere eseguito attento monitoraggio delle
lesioni con tecniche per immagini, in quanto persiste il rischio di progressione di malattia per tutta
la durata del trattamento.
In caso di progressione di malattia l'approccio standard consiste nel praticare una dose escalation di
Imatinib a 800 mg/die (IIIB) nei pazienti che stavano seguendo una schedule di trattamento a 400
mg/die in prima linea. L'efficacia di tale procedura sembra essere giustificata da una modificazione
della farmacocinetica e da un conseguente superamento delle modificazioni molecolari responsabili
della resistenza secondaria al farmaco, per cui si può ragionevolmente ottenere un rallentamento
della progressione tumorale.
In quei pazienti non responsivi alla dose escalation di Imatinib o che presentano intolleranza al
farmaco, la terapia di seconda linea standard è rappresentata da Sunitinib, un farmaco che ha un
profilo antiangiogenico associato all'inibizione di KIT/PDGRFα, somministrato per os alla dose
giornaliera di 50 mg secondo una schedule che prevede l'assunzione del farmaco per quattro
settimane ogni sei, fino a progressione di malattia (IIB). Ci sono dati preliminari che indicano come
Sunitinib a dosi più basse con somministrazione continuativa sia equiefficace alla schedule on-off e
meglio tollerato, per cui la proposta di un regime con queste caratteristiche è da tenere in
considerazione in casi selezionati.
Dopo il fallimento di Sunitinib, dovrebbe essere preso in considerazione l'inserimento dei pazienti
affetti da GIST metastatico in trial clinici che valutino nuovi farmaci o nuove associazioni, in
quanto non esiste al momento attuale uno standard terapeutico di terza linea. Infatti i meccanismi di
resistenza secondaria sono eterogenei dal punto di vista molecolare, per cui i farmaci studiati per
trattamenti di seconda e terza linea in studi di fase I e II dopo fallimento di Imatinib sono
attualmente molteplici. Tra essi da ricordare i TKI Nilotinib, Dasatinib, Sorafenib, Masatinib,
Valatanib, Cediranib e Motesanib, l'inibitore di PKC PKC412, gli inibitori di m-Tor e l'inibitore di
HSP90 IPI-540. Sulla base dei risultati ottenuti in fase I e II, è stato condotto il trial clinico
randomizzato, open label, multicentrico di fase III che confronta Nilotinib versus best Supportive
Care (BSC) con o senza TKI in termini di efficacia e tollerabilità in pazienti affetti da GIST
resistenti o intolleranti a Imatinib e Sunitinib ( ENESTg3, CAMN107A2201) che non ha
evidenziato nell'intention to treat analysis (ITT) un vantaggio in RFS e OS, rispetto alla migliore
terapia di supporto (BSC).
L'escissione chirurgica di siti isolati di malattia metastatica è associata ad un intervallo di
sopravvivenza libera da progressione pari ad una terapia di seconda linea con Sunitinib (6-12 mesi).
Tuttavia questa opzione terapeutica rimane una procedura palliativa, e può essere applicata solo in
casi selezionati che presentino una limitata progressione di malattia. In talune situazioni possono
essere prese in considerazione procedure ablative locali non chirurgiche, come la termoablazione.
Ci sono alcune segnalazioni secondo cui alcuni pazienti che sono già andati in progressione con
Imatinib si gioverebbero di una nuova linea di terapia con lo stesso farmaco. Inoltre, il trattamento
di mantenimento con TKI anche nel caso di evoluzione di malattia sembra comunque rallentare la
progressione stessa. Naturalmente tali strategie terapeutiche sono da valutare nel caso in cui ormai
non ci sia nessun'altra opzione disponibile. Quindi, riprendere o continuare dopo una progressione il
trattamento con un TKI a cui il paziente sia già stato esposto potrebbe essere un'opzione in casi
selezionati. Al momento attuale non esistono evidenze favorevoli sull'uso di associazioni di più
TKI, a causa della potenziale tossicità.
In conclusione, appare importante come sia attualmente sotto studio un gran numero di nuovi agenti
e di nuove associazioni per una malattia in cui già il primo farmaco a bersaglio molecolare ha
cambiato radicalmente la storia clinica di migliaia di pazienti in fase avanzata. Tali trials clinici
possono essere un'opportunità per quei pazienti da sottoporre a linee di terapia successive alla
seconda. E' dunque evidente come la target therapy si collochi al momento attuale come l'unico
ragionevole approccio medico a questo tipo di tumori solidi.
Raccomandazioni:
Nel paziente con malattia localmente avanzata inoperabile e metastatica, Imatinib è la terapia
standard [IV, A].
Nel paziente con malattia metastatica che è stato radicalizzato chirurgicamente la terapia
standard è con Imatinib.
La dose standard di Imatinib è 400 mg/die [I, A].
Pazienti con mutazione dell'esone 9 hanno una migliore sopravvivenza libera da progressione
a dosi più alte (800 mg/die) di Imatinib, che è il trattamento standard in questo sottogruppo.
[III, A].
Il trattamento deve essere effettuato continuativamente, in quanto alla sospensione segue una
rapida crescita tumorale, anche se le lesioni sono state asportate chirurgicamente. [II, B].
La dose intensity dovrebbe essere mantenuta anche considerando gli effetti collaterali, con
opportune riduzioni o sospensioni per tossicità eccessive o persistenti.
Un attento monitoraggio della risposta deve essere effettuata durante tutto il trattamento, dal
momento che il rischio di progressione secondaria persiste nel tempo.
L'escissione completa della malattia metastatica residua è correlata ad una buona prognosi,
non è ancora chiaro se dovuto alla buona risposta ad Imatinib o al reale effetto della
chirurgia.
La chirurgia delle metastasi che rispondono è considerato sperimentale.
A progressione la dose di Imatinib deve essere aumentata a 800 mg/die [III, B].
Per ulteriore progressione a Imatinib o intolleranza, il Sunitinib è il trattamento standard [II,
B].
Dopo Sunitinib i pazienti in progressione dovrebbero essere valutati per trials clinici.
Mantenere la terapia con agenti anti tirosin chinasi anche dopo la progressione può rallentare
la crescita rispetto alla sospensione completa, nei casi in cui non ci siano altre opzioni
terapeutiche.
8. Valutazione della risposta
L'attività antitumorale dei farmaci anti tirosin chinasi trasla in una riduzione dimensionale del
tumore nella maggior parte dei pazienti, ma alcuni casi potrebbero mostrare solo un cambiamento
nella densità tumorale alla TC oppure questi cambiamenti potrebbero precedere una successiva
riduzione dimensionale del tumore. Anche la comparsa di nuove lesioni potrebbe dipendere dal
fatto che queste lesioni sono diventate più evidenti quando diventavano meno dense. Pertanto, sia la
dimensione che la densità o cambiamenti sostanziali alla RM, dovrebbero essere considerati come
criteri di riposta tumorale. Anche un aumento della dimensione del tumore può essere indicativo di
risposta se alla TC la densità del tumore è diminuita.
La PET ha inoltre dimostrato di essere altamente sensibile nella valutazione precoce della risposta.
L'assenza di progressione di malattia dopo mesi di trattamento equivale ad una risposta. D'altro
canto la progressione di malattia potrebbe non essere accompagnata da un aumento dimensionale
delle lesioni: infatti un incremento di densità all'interno delle lesioni tumorali potrebbe essere
indicativo di progressione di malattia.
Un tipico aspetto di progressione è la presenza di un nodulo all'interno di un altro nodulo, per cui
una parte di una lesione in risposta diviene iperdensa alla TC.
I criteri RECIST e SWOG che tengono conto della dimensione del tumore non sono adatti ai GIST:
i criteri CHOI rappresentano un metodo sensibile e specifico per identificare la risposta tumorale a
Imatinib, in quanto si basano sia sui cambiamenti dimensionali che sulla densità. L'accuratezza dei
criteri CHOI potrebbe essere compromessa dalla presenza di emorragie, calcificazioni e
perforazione delle lesioni.
9. Follow-up
La valutazione del rischio basata sulla conta mitotica, sulla dimensione del tumore e sulla
localizzazione può aiutare nella scelta di come condurre il follow-up. I pazienti ad alto rischio in
genere recidivano entro 2-3 anni, mentre i pazienti a basso rischio possono recidivare dopo i 5 anni.
In alcune istituzioni i pazienti con un rischio intermedio-alto hanno un follow-up con TC ogni 3-4
mesi per 3 anni, poi ogni 6 mesi fino a 5 anni e in seguito annualmente; per i pazienti con tumori a
basso rischio, il follow-up con TC è eseguito ogni 6 mesi per 5 anni.
I Gist con rischio molto basso probabilmente non meritano follow-up di routine.
I protocolli di follow-up per l'alto rischio e per l'intermedio prevedono: TC ogni 3-4 mesi per
i primi 3 anni, poi ogni 6 mesi fino a 5 anni e poi annualmente fino al decimo anno.
I tumori a basso rischio prevedono TC ogni 6 mesi per 5 anni, poi annualmente fino al decimo
anno.
I GIST con rischio molto basso, probabilmente non necessitano di un follow-up di routine,
sebbene il rischio di ricaduta non è completamente nullo.
Clin Recommendations Ann of Oncology 21 (Suppl 5): v98-v102, 2010
10. Approccio terapeutico al dolore nei GIST
Il dolore viscerale è un sintomo frequente in ambito oncologico: quando i pazienti affetti da GIST
divengono sintomatici, il dolore viscerale rappresenta uno dei sintomi più frequenti. Le
caratteristiche temporali del dolore indotto da GIST variano da un esordio acuto indotto da
sanguinamenti, perforazioni o occlusioni viscerali ad un andamento cronico sul quale si iscrivono
esacerbazioni transitorie. Sebbene la componente viscerale sia differente a seconda dell'organo
coinvolto i meccanismi neurologici coinvolti nel dolore viscerale differiscono da quelli coinvolti nel
dolore somatico. Il dolore a genesi viscerale tende ad essere diffuso, a volte mal localizzabile o
comunque riferito dal paziente a distanza ed accompagnato da riflessi motori e neurovegetativi
come contrattura muscolare, nausea e vomito. Quando la patologia determinante il dolore viscerale
si estende al peritoneo parietale o alla parete addominale, al dolore viscerale si aggiunge una
componente somatica ed il dolore percepito inizialmente come solamente protopatico diviene
improvvisamente epicritico. Le norme per la gestione corretta della sintomatologia dolorosa indotta
dai GIST richiedono una attenta personalizzazione del trattamento alle determinanti del dolore, al
corteo sintomatologico presente, all'intensità del dolore ed alle caratteristiche del paziente.
Generalizzando, rimangono valide le regole suggerite dall'OMS per il trattamento del dolore
oncologico, tenendo conto che studi sul dolore viscerale provocato sperimentalmente dimostrano
una efficacia dei FANS sovrapponibile a quella degli oppioidi. Per quanto attiene all'utilizzo degli
oppiacei va tenuto in considerazione che non tutte le molecole sembrano possedere la stessa
efficacia nel trattamento del dolore viscerale. Da uno studio di confronto tra ossicodone, morfina e
placebo nel trattamento del dolore provocato dalla stimolazione di visceri (esofago), cute e muscoli
in volontari sani, emerge che l'ossicodone riesce a controllare meglio il dolore evocato a livello
viscerale rispetto alla morfina. La motivazione probabile è da attribuire, secondo gli sperimentatori,
all'effetto dell'ossicodone sui recettori evidenziato già dal 1997. Questo stesso effetto è stato
chiamato in causa per giustificare l'efficacia dell'ossicodone sul dolore neuropatico. La corretta
impostazione del trattamento antidolorifico può richiedere l'uso di farmaci adiuvanti come i
corticosteroidi, gli antidepressivi e gli antispastici. Nella pratica clinica il trattamento del dolore
indotto dai GIST non può prescindere dal considerare che il chemioterapico di scelta nel trattamento
di questa patologia è l'Imatinib e che il suo utilizzo è soggetto a numerose interazioni
farmacologiche. Nello specifico i pazienti che assumono questo farmaco devono ridurre o evitare
l'assunzione concomitante di paracetamolo, infatti in vitro, imatinib inibisce la O-glucuronidazione
del paracetamolo (valore Ki di 58,5 micromoli/l a livelli terapeutici). Il paracetamolo è un farmaco
largamente utilizzato in monoterapia e presente in molte formulazioni in combinazione con oppioidi
(codeina, tramadolo ed ossicodone). Inoltre le sostanze che inibiscono l'attività dell'isoenzima
CYP3A4 del citocromo P450 (es. ketoconazolo, itraconazolo, eritromicina, claritromicina)
potrebbero ridurre il metabolismo ed aumentare le concentrazioni di imatinib. Al contrario le
sostanze che stimolano l'attività del CYP3A4 potrebbero aumentare il metabolismo e ridurre le
concentrazioni plasmatiche di imatinib. La somministrazione contemporanea con farmaci che
stimolano il CYP3A4 (es. desametasone, fenitoina, carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale,
fosfenitoina o primidone) può ridurre significativamente l'esposizione a Imatinib, aumentando
potenzialmente il rischio di fallimento terapeutico. Va considerato anche che in vitro Imatinib
inibisce l'attività dell'isoenzima CYP2D6 del citocromo P450 a concentrazioni simili a quelle che
influiscono sull'attività del CYP3A4. Aggiustamenti della dose non sembrano essere necessari
quando Imatinib è somministrato in concomitanza con substrati del CYP2D6, tuttavia si consiglia
cautela per i substrati del CYP2D6 con una stretta finestra terapeutica come il metoprololo. Nei
pazienti in trattamento con Imatinib affetti da dolore indotto da GIST è consigliata cautela nell'uso
dei farmaci analgesici o adiuvanti che siano substrati del CYP2D6 e del CYP3A4 (vedi allegato 1);
dai dati attualmente in nostro possesso non è possibile trarre conclusioni definitive in merito a
queste interazioni. Tra gli oppioidi, l'idromorfone può essere considerato a minor rischio di
interazioni con Imatinib.
Nei pazienti affetti da dolore viscerale l'ossicodone si è dimostrato più efficace rispetto alla
morfina.
I pazienti in trattamento con imatinib devono ridurre o evitare l'assunzione concomitante di
paracetamolo.
Nei pazienti in trattamento con imatinib è consigliata cautela nell'uso dei farmaci che siano
substrati del CYP2D6 e del CYP3A4.
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Appendice
1. Prognosi
Tab. 1 – Stratificazione del rischio del GIST in base a: Indice mitotico, Dimensione, Sede
Parametri tumorali
Rischio di progressione di malattia (%)
Dimensione Gastrico
Moderate Insuffic
Tab. 2 - Relazione tra Genotipo delle Kinasi, Risposta e Outcome alla terapia con Imatinib
Australasian
SWOG s0033
(n= 127)I
Risposta obiettiva°
Nessuna mutazione
Progressione di malattia
Nessuna mutazione
NR: non riportato
*Differenza statisticamente significativa vs KIT esone 9 e gruppo con nessuna mutazione
°Definito come risposta completa o parziale secondo i criteri RECIST.
2. Follow-up
A. Paziente con GIST ALTO/INTERMEDIO RISHIO
1°-3° Anno
4°-5° Anno *
Anamnesi
Esame obiettivo
Esami ematochimici
Rx torace/CT torace
Proseguire dopo il 5° anno con follow-up annuale fino al decimo anno.
Altri esami sono indicati su sospetto clinico o per ulteriore precisazione diagnostica.
B. Paziente con GIST BASSO RISCHIO
4° – 5°
Anamnesi
obiettivo
Proseguire dopo il 5° anno con follow-up annuale fino al decimo anno.
Altri esami sono indicati su sospetto clinico o per ulteriore precisazione diagnostica.
3. Algoritmo comunicazione col paziente
Al paziente dovrà essere fornito un modulo di consenso informato relativo alla procedura
diagnostica, chirurgica o medica, previa lettura e spiegazione di tutte le implicazioni relative, con
domande di verifica della comprensione di quanto letto e spiegato.
Al paziente verrà inoltre fornito un consenso informato per l'analisi istologica e per l'analisi
mutazionale che possa prevedere ulteriori approfondimenti futuri di mutazioni importanti per la sua
prognosi o per eventuali prospettive terapeutiche.
4. Terapia
Terapia adiuvante
Grado delle
di evidenza raccomandazioni
Basso rischio
Rischio Intermedio Terapia con Imatinib 400 mg/die per 1 anno II
Alto rischio
Terapia con Imatinib 400 mg/die per 1 anno
Terapia Medica prima linea
Tipo mutazione
evidenza
Mutazione esone 11
Imatinib 400 mg/die fino a
progressione o tollerabilità
Mutazione esone 9
Imatinib 800 mg/die fino a
progressione o tollerabilità
Terapia Medica di seconda linea
Tipo mutazione
evidenza
Mutazione esone 11
Sunitinb 50 mg/die x 4 settimane
ogni 6 fino a progressione o
Mutazione esone 9
Sunitinib 50g/die x 4 settimane
ogni 6 fino a progressione o
5. Criteri Di Valutazione Della Risposta (Choi Criteria)
Modified Computed Tomography Response Evaluation Criteria
(Choi et al.'s Criteria)
Response
Definition
Complete response 1. Disappearance of all lesions
2. No new lesions
Partial response
1. A decrease in size† of 10% or more OR a decrease in tumor density (HU) of 15% or more on CT
2. No new lesions
3. No obvious progression of non measurable disease
Stable disease
1. Does not meet criteria for complete response, partial response, or progression
2. No symptomatic deterioration attributed to tumor progression
Progression
1. An increase in tumor size† of disease 10% or more AND does not meet criteria of partial response by tumor density (HU) on CT
3. New intratumoral nodules or increase in the size of existing intratumoral
6. Livelli di evidenza e grado delle raccomandazioni
Livelli di
Descrizione
Evidenza
Prove ottenute da più studi clinici e/o da revisioni sistematiche di studi randomizzati
Prove ottenute da un solo studio randomizzato di disegno adeguato
Prove ottenute da studi di coorte non randomizzati con controlli concorrenti o storici o loro metanalisi
Prove ottenute da studi retrospettivi tipo caso-controllo o loro metanalisi
Prove ottenute da studi di casistica (―serie di casi‖) senza gruppo di controllo
Prove basate sull'opinione di esperti autorevoli o di comitati di esperti come indicato in Linee Guida o Consensus Conference, o basate su opinioni dei membri del gruppo di lavoro responsabile di queste Linee Guida
Grado delle
Descrizione
L'esecuzione di quella particolare procedura o test diagnostico è fortemente raccomandata. Indica una particolare raccomandazione sostenuta da prove scientifiche e di buona qualità, anche se non necessariamente di tipo I o II
Si nutrono dei dubbi sul fatto che quella particolare procedura o intervento debba essere sempre raccomandata, ma si ritiene che la sua esecuzione debba essere attentamente considerata
Esiste una sostanziale incertezza a favore o contro la raccomandazione di eseguire la procedura o l'intervento
L'esecuzione della procedura non è raccomandata
Si sconsiglia fortemente l'esecuzione della procedura
Allegato 1
Drugs known to be metabolized by CYP450 isoenzymes 2D6 and 3A4
Amitriptyline (hydroxylation)
Mirtazapine (hydroxylation)
Nortriptyline (hydroxylation)
Olanzapine (minor hydroxymethylation)
Chlorpheniramine
Clomipramine (hydroxylation)
Clozapine (minor pathway}
Paroxetine (minor pathway)
Codeine (hydroxylation, o-demelhylation) Penbutolol Cyclobenzaprine (hydroxylation)
Cyclophosphamide
Dextromethorphan (o-demethylation)
Ritonavir (minor)
Fluosetine (minor pathway)
Sertratine (minor pathway)
Haioperidol (minor pathway)
Hydroxyarnphetamine
lmipramine (hydroxylation)
m-Chlorophenylpiperazine (m-CPP)
Venlafaxine (o-desmethylation)
Inhibitors Amiodarone
Dextropropoxyphene
Risperidone (weak)
Entacapone (high dose)
Sertraline (weak)
Venlafaxine (weak)
Substrates Acetaminophen
Amitriptyline (minor)
Codeine (demethylation) Cortisol
Cyclobenzaprine (demethylation)
Cyclophosphamide
Bupropion (minor)
Desmethyldiazepam
Dextromethorphan (minor;N-
Diazepam (minor; hydroxylation, N-
Omeprazole (sulfonation)
Oral contraceptives
Ethinyl estradiol
Dofetilide (minor)
Lansoprazole (minor)
Sibutramine Sildenafil
Tetrahydrocannabinol
Mirtazapine (N-demethylation)
Theophylline Tiagabine
Warfarin (R-warfarin)
Zaleplon (minor pathway)
Venlafaxine (N-demethylation)
Rifampin Rofecoxib
(mild) St John's wort
Phenobarbital Phenylbutazone
Miconazole (moderate)
Source: http://www2.formas.toscana.it/MaterialiestMR/GIST_1.pdf
CULTURA CIUDADANA EN COLOMBIA: PERCEPCIÓN DE ESTUDIANTES DE PROGRAMAS UNIVERSITARIOS, TÉCNICOS Y TECNOLÓGICOS1 Ever José López Cantero2 Liliana Mileth Chambo3 José Ignacio Ruiz4 Universidad Nacional de Colombia El presente artículo expone los resultados de la escala ISCC "Indicador subjetivo de cultura ciudadana" aplicada en el marco de la investigación sobre Democracia, Tejido
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